Sanremo. L’alternativa. Noi e loro

Quando c’è il festival di Sanremo non prendere mai un concerto. Mai.

E’ una regola d’oro che imparai tanti anni fa quando suonavo con un gruppo chiamato Love Flower. Facevamo musica nostra cantata in inglese e quelli che ci ascoltavano dicevano che eravamo una specie di ibrido tra i Mudhoney e i Joy Division. Quando arrivarono i God Machine ci sentimmo dire che assomigliavamo a loro, ma un poco più melodici. Insomma, quanto più lontano da Michele Zarrillo, Marco Masini, Al Bano e quella roba lì. Avevamo un ingaggio fisso in un locale che non so come mai decise di farci suonare ogni mercoledì. Il locale chiuse presto, ora al suo posto c’è una rivendita di prosciutto crudo e Parmigiano Reggiano. Comunque…Il mercoledì della settimana di Sanremo il locale era deserto. Vuoto, non un’anima viva. In pratica facemmo le prove davanti alla ragazza del nostro batterista e a due attempati quarantenni che avevano la faccia di due agenti di commercio che non sanno bene dove andare in un posto che non conoscono dopo una giornata passata a parlare del declino della bicottura e della monocottura e del boom del gres porcelanato. Non ce lo aspettavamo. Nemmeno il gestore del locale se lo aspettava e infatti ci aveva detto “Ma non penso che il pubblico che viene qui sia il pubblico di Sanremo”. Stavamo facendo un grossolano errore di valutazione. Imparai che con Sanremo non si scherza, manco per niente.
Anni dopo, il giorno in cui uscì “Fried Sponge” dei Joe Leaman, eravamo gasati per il fatto che quello era il nostro primo album ad uscire su Gammapop, che era più o meno l’etichetta dei nostri sogni e dove volevamo entrare da anni. Il disco uscì nei negozi un lunedi che era il lunedi dopo Sanremo. Dopo la prima settimana ci sentimmo per telefono io e Filippo Perfido, il boss dell’etichetta. Gli chiesi se aveva notizie di come stava andando il disco e lui mi rispose che erano pochi i negozi che glielo avevano ordinato, ma era normale perché avevamo scelto il momento peggiore per farlo uscire. Il lunedi dopo Sanremo. “Ma non credo che quelli che comprano i dischi della Gammapop siano quelli che comprano i dischi di Sanremo” dissi io. Stavo facendo un grossolano errore di valutazione. Imparai di nuovo che con Sanremo non si scherza, manco per niente.

Da allora, a meno che non capiti una cosa eclatante (da aprire per i Rolling Stones in su) oppure che ci sia da fare un favore ad un mio amico (Ho già pagato la SIAE e il gruppo non può venire, il loro batterista è in coma, vieni tu? Ti prego, se dici di sì potrai bere birra gratis per sei mesi), allora quando fisso le date per il mese di Febbraio (in genere a Novembre, più o meno) mi premuro sempre di chiedermi “Qual’è la settimana di Sanremo?” e se mi offrono una sera di quelle, beh…dico di no. E quando mi sento dire “Ma…non credo che il pubblico che viene qui sia lo stesso che guarda il festival di Sanremo” taccio in maniera educata e dico che preferisco non rischiare. In realtà sto pensando “Si, si…col cazzo che mi faccio inculare anche stavolta. Mandaci un altro a fare il kamikaze il 17 Febbraio, che da quando il venerdì è la serata dei duetti non esce più nessuno”.

Dunque, stamattina faccio colazione controllando la posta e la mia pagina Facebook, come al solito. Tonnellate di commenti sul festival. Chi parla delle canzoni dando i voti, chi commenta questo o quel vestito, chi parla di Celentano. Chi si giustifica dicendo che lo segue in quanto evento pop, in quanto evento nazionalpopolare, in quanto fiera delle vanità, in quanto catalogo antropologico…Insomma, a parte il fatto che nessuno dica di seguirlo perché guardarlo e parlarne male è proprio divertente, è bello, è una libidine…i motivi sono i più svariati.

Mi sono immaginato che visto che “noi alternativi” non stiamo parlando d’altro, sul lavoro sentirò un mare di commenti. Sarà tutto un “Ma la canzone di (riempite voi lo spazio) che schifo” oppure “Ma hai visto com’era vestita (riempite voi lo spazio)?” e cose così.

Invece….NIENTE. Non una parola. Non stiamo parlando della giornata più incasinata della storia, dove tutti hanno da parlare di qualcos’altro. Parliamo di una normale giornata lavorativa, con un “casino normale”.

Vado a casa a mezzogiorno e di nuovo apro la posta e la mia pagina Facebook. Commenti su commenti, Celentano e la canzone dei Marlene e D’Alessio e la Berté e poi non mi ricordo cosa. Commenti su commenti su commenti. Qualcuno mi manda un messaggio privato non appena mi vede in chat e mi chiede di commentare il festival.

Scopro che a sentire l’Auditel “UN ITALIANO SU DUE” ha guardato il festival di Sanremo ieri sera. UNO SU DUE. Porca troia, è un record.

Torno a lavorare. Magari con i telegiornali che hanno cominciato a pompare, i varietà che (immagino) hanno cominciato a parlare solo di quello come tutti gli anni..e poi UNO SU DUE…Chissà che casino, tutti che si interrogano su Loredana Berté e compagnia….Invece niente. NIENTE.

Ora….sicuramente nei prossimi giorni il pompaggio sarà talmente potente che tutti arriveranno a parlare di Sanremo, come al solito. Gran trionfo con i duetti e con la serata finale. Poi si ricomincerà con la vita normale.

Però, se vi devo dire la verità, comincio a credere che proprio quelli che “Non credo che il pubblico che viene qui sia il pubblico di Sanremo” siano lo zoccolo duro del pubblico del Festival. Gli altri, quelli “normali”, quelli inferiori, se lo vedono capitare lì e lo sopportano come si sopporta un conoscente rompicoglioni che vedi una volta all’anno. Noi “alternativi” invece, noi superiori e all’avanguardia, se non ci fosse Sanremo rischieremmo di dover fare a meno di quella dose massiccia di supponenza senza la quale per il resto dell’anno ci troveremmo a dover ammettere di essere dei cretini come tutti gli altri.

(Non ho la tv. Sanremo quindi non lo guardo. Ma mi rode. Gli unici giorni in cui un poco mi pento di non avercela sono quelli del Festival di Sanremo e quelli delle Olimpiadi, ogni 4 anni. Si lo so, si vede in streaming, ma non è la stessa cosa. Non so perché. Forse perchè Sanremo è Sanremo.)

5 pensieri su “Sanremo. L’alternativa. Noi e loro

  1. hai ragione io non lo guardo da anni e mai come quest’anno posso di sapere tutto visto come ci stanno rompendo i coglioni su fb soprattutto gli inossidabili amici alternativi per i quali muterei un vecchio detto cosentino che recita così: <> sostituisci alternativi ad amici ed il gioco è fatto. Io ho continuato a fare Sotterranei Pop tutte le sere come sempre, magari non mi ha ascoltato nessuno…tanto non me ne sono accorto.

  2. L’ultima volta che ho guardato Sanremo c’erano gli EELST che cantavano La terra dei cachi. Quest’anno mi sono ricordato che esiste perché mercoledì sera c’era Milan-Arsenal e non riuscivo a resistere alla tentazione di gufare contro entrambe le squadre contemporaneamente. (Mi piace vincere facile.) Però il modem non andava e non ho la tv neanch’io. “Qual è il problema? C’è sempre la radio…”

    Stavo facendo un grossolano errore di valutazione. In sottofondo rumore di stadio e una voce: “Milan in vantaggio per uno a zero, restituiamo la linea al Festival”.

  3. Meglio un festival di Sanremo una volta all’anno che un campionato di calcio tutti i giorni. Per la Champions league, a me piaceva la coppa dei campioni con 16 di finale, ottavi, quarti, semifinali, finale. Quelle robe che al primo turno trovavi una squadra del nord europa già avanti con la preparazione e puff….uscivi. Bon.

  4. E’ esattamente quello che intendevo. Ripeto, io Sanremo lo guardo, quando riesco e mi capita. Senza grandi patemi o scuse. Mi piace guardarlo con altre persone, per chiacchierare e dire pistolate durante i brani e tutto il resto. E ci sono ogni anno due o tre canzoni che mi piacciono.

  5. Era per sottolineare che in Italia l’unico evento capace di mettere a tacere il calcio è appunto il festival. :)

    Vent’anni fa non si notava, perché non c’erano partite di calcio alla radio cinque giorni a settimana. Al massimo due. Se guardi bene, vicino ai negozi di dischi e alle compilation registrate su cassetta dovrebbero esserci anche i mercoledì di coppe.

    Tralaltramente “quelle robe” succedono ancora oggi: quest’anno ad esempio è toccato al Palermo e alla Roma. (Ih! Le risa…)

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