Let’s play ball with William Blake

C’è un bel film con Kevin Costner, Tim Robbins e Susan Sarandon che si intitola “Bull Durham” ed è un film sul baseball. Se avete giocato a baseball anche solo a livello dilettantistico, se avete comunque la scimmia del baseball e vi piace un casino il gioco e tutte le regole e la implicita filosofia che ci sta dietro, questo è il vostro film, il film della vita, quello che vorrete vedere e rivedere sempre, tipo che ogni tanto rimanete una sera in casa e non sapete cosa fare e allora dite tra voi “Vabé, adesso mi riguardo Bull Durham”.

In questo film, c’è un momento durante il quale Susan Sarandon e Kevin Costner stanno litigando perché lui ha detto una cosa a Tim Robbins che fa sì che Robbins non voglia più fare sesso con la Sarandon e lei è molto arrabbiata. I due discutono in uno scambio di battute vibrante e fatto molto bene. Poi, ad un certo punto, Costner dice alla Sarandon se non trova che il suo vestito sia un poco eccessivo e lei, che era in difficoltà e stava andando sotto nella discussione, risponde dicendo “La strada dell’eccesso porta al palazzo della saggezza – William Blake”.

Dice proprio così. Nel senso che dice anche “WILLIAM BLAKE”. E Costner ride e dice “Che cavolo vuol dire WILLIAM BLAKE?” e lei risponde “CHE PARLO DI WILLIAM BLAKE”

Ecco, quando vedo che postiamo le cose sui social e poi mettiamo cento hashtag per far capire di cosa stiamo parlando, mi sembra sempre che uno stia dicendo una cazzata perché è in difficoltà e che, finita la frase, dica “WILLIAM BLAKE”.

(E’ un film tradotto così così come tutti i film sul baseball, dove senti delle cose del tipo “Ed è una palla per il lanciatore” e invece era un BALL, che non vuol dire palla, un poco come a calcio se dici che un calciatore ha realizzato una rete vuol dire che hai fatto goal, non che stai sistemando la porta. Guardatelo in inglese, se riuscite. Se sapete le basi delle regole del baseball è meglio. Non solo per vedere il film, è proprio meglio per voi. Nella vita, intendo)

If it’s a trap, don’t be a mouse.

30 dischi che ho scelto io adesso mettendoci anche poco, usciti nel 1986:

Life’s Rich Pageant – R.E.M.
Graceland – Paul Simon
Master of Puppets – Metallica
Atomizer – Big Black
Evol – Sonic Youth
Reign in blood – Slayer
The Queen is dead – Smiths
The colour of spring – Talk Talk
Raising Hell – Run Dmc
Licensed to Ill – Beastie Boys
Black Celebration – Depeche Mode
Candy Apple Grey – Husker Du
King of America – Elvis Costello
Skylarking – XTC
London 0 Hull 4 – Housemartins
Talking with the taxman about poetry – Billy Bragg
So – Peter Gabriel
Kicking against the pricks – Nick Cave & The Bad Seeds
I against I – Bad Brains
Parade – Prince
Album – Public Image Limited
True Stories – Talking Heads
Home of the brave – Laurie Anderson
Sound of confusion – Spacemen 3
Gone to earth – David Sylvian
Whites off earth now – Cowboy Junkies
Your funeral…my trial – Nick Cave & The Bad Seeds
Holy Money – Swans
Freedirt – Died Pretty
Out of the grey – Dream Syndicate

Le prime 30 canzoni (credo in ordine di classifica di vendite) del 1986 che vi saltano fuori se scrivete HIT PARADE ITALIA 1986 su Google:

Papa don’t preach – Madonna
Run to me – Tracy Spencer
Easy lady – Ivana Spagna
Notorious – Duran Duran
Live to tell – Madonna
You can leave your hat on – Joe Cocker
Take on me – A-Ha
Bello e impossibile – Gianna Nannini
Through the barricades – Spandau Ballet
Lessons in love – Level 42
Adesso tu – Eros Ramazzotti
Holiday rap – M.C. Miker G & D.J. Sven
Russians – Sting
One step – Kissing the Pink
Touch me (I want your body) – Samantha Fox
I’m your man – Wham!
A Different corner – George Michael
The Captain of her heart – Double
The Edge of heaven – Wham!
True blue – Madonna
Diamond – Via Verdi
Once more – Taffy
Venus – Bananarama
Kiss me Licia – Cristina D’Avena
Lei verrà – Mango
Geil – Bruce and Bongo
Ti sento – Matia Bazar
Say you say me – Lionel Richie
We need protection – Picnic at the Withe House
Looking for love – Tom Hooker

Io nel 1986 avevo 14 anni.

Secondo me, quando litigate parlando della trap e vi dividete tra quelli che una volta girava della gran musica e quelli che la trap è gran musica e voi vi siete rincoglioniti, avete smarrito un poco il senso della misura e, soprattutto, il caro vecchio senso dell’ascoltare la musica che ci tira il culo a noi senza tanto badare tanto a quello che fanno gli altri.

E’ un poco che…

E’ tanto tempo che non scrivo qui sopra.

Semplicemente, di cose che mi va di dire ce ne sono sempre meno.

Anche quando sento tutti che parlano di una roba, tipo Calcutta che fa la playlist a cinquemila euro, mi viene voglia di argomentare e dire la mia. Poi penso che in realtà non me ne frega niente e, soprattutto, tanto non mi fate cambiare idea e di cambiare idea non ne ho nessuna voglia.

Idem per le cose di attualità. Ci sono alcune notizie veramente grottesche, accadono cose strane, tipo che uno si alza la mattina e va in giro a sparare agli africani oppure che Adinolfi dice che non ci dovrebbe essere il divorzio così lui sarebbe ancora sposato con la sua vecchia moglie e non avrebbe commesso peccato.

Beh, non mi va più di commentarle.

Ogni tanto mi chiedo perché io e il dottor Manicardi lo teniamo ancora aperto, ‘sto coso.

Poi penso che lo tengo aperto per chi ancora non va sui socialcosi e quindi non saprebbe le date.

Però, ecco. Così.

 

7 giorni di squalifica

Mi hanno squalificato da Facebook per 7 giorni perché in un post di settemila anni fa ho scritto la parola “frocio”.

 

Non che io scriva questo per lamentare chissà quale violazione della democrazia o censura.

Sono cose che, a farsi governare dai robot, possono capitare. Almeno Yul Brinner non mi ha sparato in duello come nel film.

Il motivo è che non mi fa usare messenger, quindi ho qualche persona che mi sta scrivendo e alla quale non riesco a rispondere e magari sta pensando “Che pezzo di merda, manco mi risponde”.

Cogli la prima mela – Itunes ItalyRockChart

Ogni tanto qualcuno scrive “Il nostro video è al XY sulla classifica nel sito di (inserire nome di sito internet, webzine, giornale)” e sembra una cosa molto figa. In genere sono posizioni di rincalzo, ma comunque essere in classifica è sempre essere in classifica. E poi, voglio dire, sei nella classifica di una roba dove stanno altri nomi grossi, magari una classifica a livello nazionale. E infatti tutti a dire “Bravo” “Daje” eccetera.

L’altro giorno mi ha scritto Govind, il mio editore.
Mi dice che siamo finiti al 196esimo posto della ItalyRockChart di Itunes con un mio pezzo del 2010 chiamato “Vita di paese”.
In pratica questa canzone del 2010 è una delle canzoni tra le “italiane rock” (mi si perdoni) che è stata scaricata più volte da Itunes in settimana. Solo (si fa per dire) 195 canzoni le sono davanti.
Allora chiedo a Govind di dirmi, se lo sa, quanti download abbiamo totalizzato per finire al 196esimo posto su un sito prestigioso come quello di Itunes.

E lui, candidamente, mi risponde: “UNO”.

 

#quellavoltache

Adesso che sta arrivando l’onda di riflusso, adesso che lo spettacolo si sta spostando sul dibattito “colpevole/innocente” del vip di turno e adesso che piano piano in tanti stanno cominciando a pensare che però ormai che due palle, volevo dire che secondo me l’hashtag #quellavoltache ha avuto lo straordinario merito di portare alla luce un problema, quello delle molestie sessuali e delle violenze perpetrate in questi anni a danno delle donne.
Mi è sembrato purtroppo di notare che, dato che questo dibattito è partito dal mondo del cinema, si sia voluto spostare l’attenzione proprio su quel mondo lì, con tutti i relativi tentativi di spettacolarizzazione delle varie faccende.
Credo che continuare a fare da semplici spettatori ponendoci il problema se questo o quello abbiano fatto questo o quello sia un aspetto abbastanza fuorviante e ritengo che sarebbe giusto cercare di concentrarci sul fatto che le donne che hanno raccontato le cose che hanno subito sono, in linea di massima, le nostre amiche, cugine, sorelle, fidanzate, mogli, madri, figlie.
Se non riusciamo a capire questo e releghiamo tutto al guardare dal buco della serratura il vip di turno come se fossimo il grande fratello, allora i mostri siamo noi.

Grant

“Hi Giancarlo, this is Grant. Well….uhm, uh….FUCK YOU, SON”

(Messaggio lasciato in segreteria da Grant Hart alla mia richiesta di un’intervista per la monografia retrospettiva che scrissi per il mucchio extra. Ciao, testa di cazzo che non eri altro. Ti vorrò sempre bene)

 

 

POSSO DIRE UNA COSA ANCHE IO SU “OK COMPUTER”?

Una volta lessi in “Come as you are”, la biografia dei Nirvana scritta da Michael Azerrad, che Cobain diceva che poco prima di “Nevermind” non potevi mica andare in giro a dire che ti piacevano i Black Flag ma anche i R.E.M., altrimenti avresti preso del coglione.

Ecco, questi circoletti chiusi qui dell’alternativismo, nei quali siamo rimasti invischiati un pochino tutti, prima o poi sono destinati ad aprirsi e a mutare nel tempo.

Per dirne una, se aveste chiesto nel 1982 a un qualsiasi critico musicale quale fosse il legame tra Siouxie and the Banshees e Johnny Cash, la risposta sarebbe stata probabilmente “nessuno”. Viceversa, se lo chiedete oggi 9 critici musicali su 10 vi risponderebbero “Nick Cave”, probabilmente tutti i software per l’ascolto di musica lo propongono, al punto che ci eravate arrivati addirittura da soli perché ormai vi sembra naturale (Se state pensando “però anche i Wall of Voodoo”, un giorno dobbiamo bere qualcosa insieme, offro io).

Ora, tralasciando la sua effettiva grandissima bellezza, secondo me la cosa più valida di “Ok Computer”, quella che lo ha reso definitivamente un classico già al momento della propria uscita, è stata che prima di quel disco lì dovevi sempre, se eri un fan del rock alternativo che uso quella parola lì così ci capiamo, far finta che tutto fosse non dico nato con il punk e il 1977, perché gli Stooges, gli Mc5 e comunque i Beatles e gli Stones eccetera, ma dovevi comunque far finta che da Altamont 1969 ai primi concerti dei Ramones al CBGB non fosse successo nulla, giusto un paio di dischi dei Pink Floyd ma che andavano comunque detti un pochino in sottovoce. Certo, c’erano stati Bolan, il Glam, Bowie, eccetera, ma il resto dovevi far finta che non fosse praticamente esistito e se solo provavi a parlarne ti veniva detto che eri un Riccardone, un pomposo e noioso amante del prog e i critici musicali usavano l’aggettivo “sinfonico” come fosse un’offesa, tanto che si era perso il suo significato originale (che del resto nessun frequentatore della musica rock conosceva).

Ecco, di colpo, davanti ai tempi dispari di “The tourist”, ai cambi di tempo delle diverse sezioni di “Paranoid android” e al fatto che nonostante 3 sezioni diverse, stacchi in tempi dispari e cambi di tempo fosse stata scelta come singolo, con un video che durava 7 minuti ed era completamente diverso da tutto quello che si vedeva su MTV, davanti all’attacco di tutta la band in “Exit music” che ricorda così tanto “Epitaph” dei King Crimson, potevi finalmente saltar fuori e rivelare al mondo che anche in quegli anni lì c’era stata musica davvero fighissima e che se proprio non era fighissima quantomeno aveva una sua cazzo di dignità.

BonaCompagnìa.

Alla caserma “Romagnoli” di Padova, dove ho fatto gran parte del servizio militare, ricordo che si guardava spesso “Non è la Rai”. Il periodo era quello tra l’autunno 1993 e l’estate 1994.

Un sacco di miei coetanei stava davanti alla televisione come ipnotizzato a guardare queste ragazzine che ballavano per dei quarti d’ora ammiccando alla telecamera, spesso in costume da bagno.

Ricordo che era pieno di ragazzi che guardavano e poi cominciavano a urlare alla televisione insulti del tipo “Puttana, fatti chiavare. Troia, fammi un bocchino” e cose così.
Ricordo che stavano lì fermi e poi avevano questi scatti d’ira, come dei raptus. Di colpo iniziavano a urlare “Diocane, troia, puttana” e a volte lo ripetevano più volte, con una rabbia sempre crescente.

A volte capitava che si alzassero per andare a toccare la televisione, offendendo la ragazzina di turno mentre facevano scorrere le dita sullo schermo, mimando dei ditalini. A volte, visto che le televisioni portatili erano sulle brande, mentre urlavano quelle cose lì si mettevano davanti al teleschermo mimando la chiavata, ma a quel punto gli altri urlavano al tipo che doveva spostarsi, spesso tirandolo via di peso e buttandolo a terra.

Una volta, un tipo di Brindisi si prese proprio l’uccello in mano per un poco, prima che gli dicessimo che forse era il caso che andasse a farsi una sega nei cessi e non qui di fronte a noi. Lui indugiò un poco, rimise il cazzo nei pantaloni, continuò comunque a toccarsi i pantaloni per qualche minuto continuando a mugugnare dei “Troia, puttana, fatti inculare” e poi andò nel cesso alla turca a finire quello che stava facendo.

Dopo un poco non ci facevi più caso, a militare è normale avere un casino della madonna attorno e intanto continuare a farti i cavoli tuoi in mezzo a quel casino.

Ricordo che se facevi notare che si poteva guardare anche qualcosa di diverso, ti veniva risposto che eri un finocchio, che a te non piaceva la figa, che eri un imbecille, un mezzo uomo, un ritardato, una cosa così.