BonaCompagnìa.

Alla caserma “Romagnoli” di Padova, dove ho fatto gran parte del servizio militare, ricordo che si guardava spesso “Non è la Rai”. Il periodo era quello tra l’autunno 1993 e l’estate 1994.

Un sacco di miei coetanei stava davanti alla televisione come ipnotizzato a guardare queste ragazzine che ballavano per dei quarti d’ora ammiccando alla telecamera, spesso in costume da bagno.

Ricordo che era pieno di ragazzi che guardavano e poi cominciavano a urlare alla televisione insulti del tipo “Puttana, fatti chiavare. Troia, fammi un bocchino” e cose così.
Ricordo che stavano lì fermi e poi avevano questi scatti d’ira, come dei raptus. Di colpo iniziavano a urlare “Diocane, troia, puttana” e a volte lo ripetevano più volte, con una rabbia sempre crescente.

A volte capitava che si alzassero per andare a toccare la televisione, offendendo la ragazzina di turno mentre facevano scorrere le dita sullo schermo, mimando dei ditalini. A volte, visto che le televisioni portatili erano sulle brande, mentre urlavano quelle cose lì si mettevano davanti al teleschermo mimando la chiavata, ma a quel punto gli altri urlavano al tipo che doveva spostarsi, spesso tirandolo via di peso e buttandolo a terra.

Una volta, un tipo di Brindisi si prese proprio l’uccello in mano per un poco, prima che gli dicessimo che forse era il caso che andasse a farsi una sega nei cessi e non qui di fronte a noi. Lui indugiò un poco, rimise il cazzo nei pantaloni, continuò comunque a toccarsi i pantaloni per qualche minuto continuando a mugugnare dei “Troia, puttana, fatti inculare” e poi andò nel cesso alla turca a finire quello che stava facendo.

Dopo un poco non ci facevi più caso, a militare è normale avere un casino della madonna attorno e intanto continuare a farti i cavoli tuoi in mezzo a quel casino.

Ricordo che se facevi notare che si poteva guardare anche qualcosa di diverso, ti veniva risposto che eri un finocchio, che a te non piaceva la figa, che eri un imbecille, un mezzo uomo, un ritardato, una cosa così.