L’età della ragione – Il primo segreto di Rubiera (visto che il terzo di Fatima, diciamoci la verità, non era mica tutto ‘sto granché)

Da qualche tempo mi sono iscritto al gruppo di Facebook “SEI DEL BAR NECCHI SE”, segnalatomi all’epoca dal grandissimo Marco Tagliavini. In pratica è un gruppo di cultori della saga di “Amici miei”. Si parla quasi solo ed esclusivamente attraverso citazioni del film, rispondendosi l’un l’altro.

Siamo ad un livello talmente maniacale che credo plausibile affermare che, se ci mettessimo in testa di farlo seriamente, potremmo partire dalla battuta iniziale del primo film (che per la cronaca è “A quest’ora il Perozzi finisce il suo lavoro di capocronista ed esce dal giornale per andare a casa. Ah, il Perozzi son io. Son talmente abituato a sentirmi chiamare “Il Perozzi” dai colleghi, e soprattutto dagli amici, che quasi ho dimenticato che mi chiamo anche Giorgio”) e arrivare fino all’ultima dell’Atto Secondo. Forse anche del terzo, ma per me il terzo è una forzatura che a parte un paio di cose memorabili ha pochissimo da offrire e quindi in quel caso non potrei contribuire degnamente.

Ebbene, nel secondo episodio c’è una scena dove il personaggio del “Melandri”, interpretato da Gastone Moschin, entra nel Bar Necchi mentre gli altri quattro stanno giocando a biliardo e dice che il sabato seguente ha intenzione di battezzarsi. A quel punto gli altri gli rispondono in maniera apparentemente molto risentita. Il Mascetti (Tognazzi) dice “Io non ho parole”, il Necchi (interpretato da Montagnani, che sostituiva Duilio Del Prete) dice “Io ce l’ho, ma è meglio che non le dica” e il Perozzi (Noiret) dice “Il tu’ povero babbo si rivolterà nella tomba”. Melandri (Moschin) a quel punto dice che il padre non era credente ma gli aveva lasciato libertà di scelta e fa il verso al padre deceduto dicendo “QUANDO AVRAI L’ETA’ DELLA RAGIONE”.

Ora, quando cantavo in inglese, sia con i gruppi che ho avuto che all’inizio da solo, mi veniva chiesto spessissimo dai giornalisti e fanzinari di turno, nonché da parecchi di quelli che venivano a sentirmi, se avessi mai intenzione di cominciare a cantare e pubblicare cose in italiano. Io rispondevo sempre “Quando avrò l’età della ragione”, facendo il verso al Melandri che faceva il verso al padre.

Quando ho deciso di cominciare a pubblicare cose in italiano e dovevo scegliere un titolo per un disco da fare, mi tornò in mente che rispondevo sempre in quella maniera.

Quindi, e giuro che fu solo per quel motivo, decisi di chiamare l’album così.

Ad un certo punto decisi anche che il disco avrebbe dovuto avere una canzone che dava il titolo al tutto e quindi cominciai a scrivere il pezzo omonimo.

Ricordo che scrissi il testo in un paio d’ore, modificandolo un poco nei seguenti giorni.Inizialmente avevo in mente una ballata in stile “Don’t go back to Rockville” dei R.E.M., poi si sa come vanno queste cose e in studio io e Andrea Rovacchi finimmo per fare un arrangiamento diverso.

Ebbene, quella canzone lì venne registrata nel Novembre 2008 e ci rendemmo conto subito di avere per le mani un gran pezzo. Massimo Ghiacci dei Modena City Ramblers, che bazzicava lo studio in quei giorni, mi disse che era “Tra Battisti e i Pixies” e chiunque passasse di lì, quando partiva il playback smetteva di parlare e ascoltava.

Ancora oggi è la canzone che mi chiedono di più durante i concerti, che si becca l’applauso più grosso, che faccio sempre e sempre suonerò anche se dura sette minuti. Va a finire che se un giorno qualcuno dovesse ricordarsi del sottoscritto, musicalmente parlando, sarà probabilmente per quella canzone lì. Attendo con ansia la dicitura “Un classico minore della musica indipendente italiana” in qualche enciclopedia appoggiata sulla mia copertina di plaid a 70 anni mentre curo la mia artrosi alle terme della Salvarola.

Ebbene, ci tenevo a dire a tutti quelli che mi hanno sempre chiesto se il titolo venisse fuori dalla lettura del libro di Jean Paul Sartre, magari dandolo proprio per scontato, magari ccompagnando il tutto con dotte disquisizioni sulla letteratura francese, che le volte che ho magari anche fatto quello che sapeva di cosa stavano parlando, beh….ho mentito

Di Sartre ho letto solo, rigorosamente in età pre-servizio militare, che dopo il militare ho praticamente letto solo saggistica, i seguenti titoli: “La nausea”, “Nekrassov”, “La sgualdrina timorata” e un poco “I sequestrati di Altona” prima di addormentarmi, nel senso che ad un certo punto mi sono addormentato e l’ho piantato lì.

Il caro vecchio Jean Paul non c’entra nulla, manco lo sapevo che aveva scritto un libro con quel titolo lì. L’ho addirittura trovato in una bancarella a un euro un giorno. L’ho comprato, giusto per tenerlo lì sullo scaffale che se qualcuno entra in casa mia posso anche fare l’intellettuale a buon mercato. Magari un giorno lo leggerò.

Ecco…invece è tutta colpa del Melandri, che poi nel film diceva anche “Ho conosciuto un angelo” e alla richiesta degli amici di sapere se fosse “un angelo maschio o femmina” faceva seguire la considerazione che gli angeli non hanno sesso, ma il sempre belligerante Conte Nello Mascetti a quel punto controbatteva:

“Insomma, c’ha le poppe o non c’ha le poppe?”