Porco cane.

Alla domenica mattina vedo un articolo online di Repubblica dove un certo Ettore Livini dice che in Grecia è morto un cane. Questo cane, del quale si è parlato molto, sarebbe (secondo Livini) un cane pericolosissimo per l’establishment greco. L’articolo comincia dicendo che

“La Troika e le pattuglie di poliziotti antisommossa di Atene possono tirare un sospiro di sollievo. Il loro avversario più pericoloso non c’è più”

riferendosi al cane. L’avversario più pericoloso è il cane. Mi immagino che i poliziotti dicano proprio “Che culo, avevo paura che mi mordesse”.

Proseguendo nell’articolo, il Livini attribuisce anche ai “cattivi” la parziale responsabilità della morte del cane, attribuendo le parole al veterinario. Infatti dice che (le maiuscole sono mie)

“Il decesso, secondo il veterinario, è legato ANCHE ai problemi polmonari causati dai gas lacrimogeni inalati in tanti anni passati in prima linea nel cuore della guerriglia urbana sotto il Partenone.”

Livini dice che il cane “Irrompe SULLA SCENA POLITICA nel 2009”.

E’ lì che è iniziata la leggenda di “uno dei tanti randagi (censiti dal Comune e coccolati dalla cittadinanza) che vivono per le strade della capitale ellenica”.

Che la cittadinanza COCCOLA. Ma lascia lì, randagio, ad Atene. Fin quando non diventa famoso, allora dopo se lo piglia. Insomma, ad Atene il randagismo canino è una cosa ordinaria.

Dice anche il Livini (maiuscole sempre mie) che “Nessuno è mai riuscito a capire come facesse a indovinare giorni e ora degli appuntamenti politici più caldi. Fatto sta che ogni volta che una manifestazione anti-Troika ad Atene degenerava in scontri di piazza, lui era lì. OCCHIO ATTENTO, abbaio rauco, pronto a scattare con i manifestanti e scagliarsi per primo contro i cordoni della Mas, l’addestratissima polizia anti-sommossa ateniese. Salvo poi sparire nel nulla appena il fumo dei gas si diradava e in strada tornava la calma. La sua capacità di distinguere tra buoni e cattivi (dal suo punto di vista, ovvio) è mitica. Qualche mese fa è finito in mezzo agli scontri tra poliziotti in borghese impegnati a manganellare i loro colleghi che scioperavano contro i tagli agli stipendi delle forze dell’ordine. HA ESITATO SOLO UN ATTIMO, confuso. Poi si è schierato con le zampe ben piantate per terra di fronte ai contestatori.”

Avete capito? Il cane capisce chi ha ragione. Non serve che pensiate. Lui sa sempre chi sono i buoni e i cattivi. Esita solo un attimo quando la disputa è tra poliziotti in borghese che protestano e poliziotti in divisa. Perché il poliziotto, probabilmente, comunque puzza di sbirro, secondo Ettore Lavini. Che non lo dice, se non implicitamente. Facciamo governare gli animali, dunque. Altro che Orwell. Secondo Repubblica, insomma, quando Caligola nominò senatore il suo cavallo, ci aveva preso. Caligola era matto, Repubblica è di sinistra.

Quando i cronisti si mettono a cercare i buoni e i cattivi è un casino. Quando poi decidono di fare i poeti, dimenticandosi che sono cronisti, il giornalismo ci perde. Tanto. C’è un bellissimo libro di Federica Sgaggio (che oggi compie gli anni, auguri!) che si chiama proprio “IL PAESE DEI BUONI E DEI CATTIVI” e che parla di questo. Ma andiamo oltre.

Dopo aver letto questo mare di (riempite voi lo spazio) al mattino, nel primo pomeriggio io e mia moglie andiamo a Cavriago al mercatino del riuso. Quando stiamo tornando a casa, sulla statale c’è un cane di taglia piccola che corre lungo la strada, attraversandola ripetutamente durante la sua corsa e rendendo la faccenda molto pericolosa. Per lui in primis, ma anche per le macchine i cui autisti fossero costretti, trovandoselo davanti, a manovre pericolose che potrebbero causare un incidente.

La strada infatti è estremamente trafficata.

Decidiamo di rallentare e seguire il cane, andiamo piano piano mettendo le doppie frecce a lato, dietro di noi si forma la fila, dall’altra parte lampeggiamo e notiamo che alcuni vedono il cane solo dopo che hanno fatto a caso al nostro lampeggiare. La cosa dura circa un minuto, poi il cane si infila, piuttosto terrorizzato, in un viottolo. Ci leviamo dalla strada principale e andiamo nel viottolo pure noi. Sulla strada principale riprende il traffico.

Notiamo che il cane cammina male. La zampa posteriore sinistra fatica ad appoggiare a terra. Il cane corre, peraltro, e va spedito. Ogni tanto si gira per guardarci. Decidiamo di provare un poco a seguirlo che tanto la strada laterale è sgombra e anche se sappiamo che lo stiamo spaventando un poco, probabilmente, il gioco vale la candela. Magari è un cane abbandonato per strada, speriamo di no.

Il cane prosegue e dopo circa cento metri arriva nel cortile di una azienda agricola bella grossa di Codemondo. “LA COLLINA”, si chiama. C’è un bel negozione gigante di NATURASI, la catena dei supermarket bio.

Scendiamo, mia moglie chiama il cane che arriva scodinzolando e si fa accarezzare. Dopo essersi fatto accarezzare, il cane trotterella verso i campi. Lo seguiamo e arriviamo in un capannello di gente che chiama il cane per nome. Stanno facendo delle pizze, ridono e scherzano. Il cane è loro. Tiriamo un sospiro di sollievo.

Mia moglie spiega che era sulla statale. Loro non la fanno manco finire di parlare e dicono “Avete vinto una bella pizza con pasta madre”, belli sorridenti.

Mia moglie dice che grazie ma la pizza no, però state attenti perché era finito sulla strada e c’è un bel po’ di traffico.

Una tipa allora, sempre con la risposta al volo che manco mia moglie ha finito di parlare a momenti, dice che “Eh ma qui oggi noi abbiamo avuto più di (mettete un numero a tre cifre) persone” e dice che per questo avevano chiuso il cane in casa e si vede che dopo quando abbiamo aperto ne ha approfittato.

Mia moglie a quel punto si raccomanda di stare bene attenti, che la statale è vicinissima ed è parecchio rischioso. Non fa in tempo a dire “rischioso” quasi che il tizio che fa le pizze, sempre sorridente, allarga le braccia e dice

“Ah beh. Ma sulla strada poi rischiam tutti eh?” come se a lui non gliene fregasse una mazza, tanto ha la pasta madre biologica della natura e quando deve succedere succede, signora mia.

A quel punto io, che sono molto meno diplomatico di mia moglie, spiego al tipo che se io faccio un incidente per colpa di un cane che viene lasciato in giro bello libero a venti metri da una statale e quando mi risveglio trovo uno che mi viene a dire che “Sulla strada poi rischiam tutti”, poi non mi ricordo più esattamente parola per parola quello che ho detto ma penso che il tipo abbia capito.

Pensateci quando andate a fare la spesa. E anche quando leggete Repubblica. Che altrimenti finiamo come in Grecia.

Compressione

Secondo me non è tanto quello che dice il genitore di un figlio che infila il compressore dove non dovrebbe.

Secondo me è quello che gli porge il microfono, al genitore, e gli chiede un’opinione su quella cosa lì proprio al genitore, come se ce ne fregasse qualcosa di cosa pensa il genitore, che il microfono poteva metterselo lui, in quel posto là.

Secondo me.

Sostituzioni

C’è stato un tempo in cui quando c’era un pezzo e c’era una parola inglese che si scrive “Featuring” e all’epoca si pronunciava proprio così, “Featuring”, che era il tempo quando THE non era ancora usato come sostantivo ma THE BEATLES erano I BEATLES, non come adesso che si dice I THE BEATLES, che secondo me è principalmente colpa del fatto che quando tagghi qualcosa su un socialcoso ti viene anche il THE e allora mica lo stai lì a togliere e poi pian piano il linguaggio si è modificato, c’è stato un tempo in cui quel “FEATURING” si diceva proprio “featuring” e non “ficiurin”, che infatti se scrivevano “FEAT” tu dicevi “FEAT”, che era più o meno il tempo in cui c’erano quelli che dicevano “ZE” per dire “THE”, non si diceva quella specie di “V” con la lingua tra i denti per fare gli inglesi, ed era più o meno il tempo di ZEUOL che voleva dire “The Wall”, il disco dei Pink Floyd, il disco intero e non “ZEUOL LA CANZONE” che voleva dire “Another brick in the Wall Pt. 2” che si diceva “PARCIU’ ” che lì fare gli inglesi si poteva, dicevo c’è stato quel tempo lì che FEATURING voleva dire spesso che c’era un assolo di chitarra di uno figo, che magari non era nemmeno questo granché però era di uno figo e allora ci mettevano il FEATURING. Perché oggi quel FEATURING e’ diventato FICIURIN e finisce che vuol dire più o meno sempre “Adesso arriva un tamarro e ci tira su una rappata tamarra dove dice cose del tipo SONO QUI A FARE LA RAPPATA CON IL FICIURIN CON IL TIPO CHE MI HA CHIAMATO CHE E’ UN SUPERFIGO E IO SONO UN SUPERFIGO DI RIFLESSO”.

E a me, anche se non sono sicuramente i primi, mi viene in mente quando in “Crosseyed and painless” nel 1980 i Talking Heads hanno fatto la rappatina “Facts are simple and facts are straight…” e io ho sempre pensato che tutto sommato quel pezzo lì, se invece di metterci il FINTO FICIURIN che tanto poi era sempre David Byrne, ci avessero messo una roba diversa, tipo le percussioni oppure un assolo di chitarra di Belew (come in “The great curve”, forze ancora ZEGREITCHIURV) forse sarebbe stato più figo e magari il mondo oggi sarebbe un posto migliore o quantomeno nei pezzi con il FICIURIN non avremmo sempre ‘sti cazzo di inizi di canzone con un afroamericano (che sono POLITICALLICORRECT) che fa “UH Yeah, c’mon, UH” come se stesse provando quel cazzo di microfono di merda.

Ma i tempi cambiano. E come “Remain in light” mi fece schifo al cazzo per circa 6 giorni quando lo comprai a 8900 lire da “Quartieri” a Sassuolo nel 1986 per poi diventare inspiegabilmente il mio disco preferito di colpo la sera del settimo giorno, magari un giorno anche questa cosa qui la digerirò come si deve.

I\’m still waitin\’…