…soltanto per confondere la gente.

Vent’anni fa, poco dopo il suicidio di Cobain, uscì la versione italiana della biografia dei Nirvana di Michael Azerrad chiamata “Come as you are – The story of Nirvana”. Un libro che comprai subito, lo conservo ancora bello sgualcito, l’ho letto e riletto alla nausea, l’ho tenuto sulla vasca da bagno davanti al cesso per una vita, poi l’ho prestato che lo sapevo a memoria e poi l’ho ripreso dopo un paio di anni che lo avevo prestato e l’ho rimesso sulla vasca davanti al cesso per altri non so quanti anni, ne leggevo dei pezzetti e lo sapevo sempre più a memoria. Raramente mi capitava di capire benissimo quello che l’autore in una biografia volesse dire tra le righe e mai più mi capitò come in quella biografia, che descrive benissimo i pregi e i difetti della musica di quei perdenti che ascoltavano quelle cose lì tra la fine degli anni 80 e la metà degli anni 90. Tutta quella ricerca della purezza e il dogmatismo che ne derivava, l’iconoclastia spinta derivata dal punk che provava a trasformarsi in libertà fino a implodere in un colpo di fucile che qualcuno si era infilato in bocca per noi, anche se non voleva rappresentare nessuno che non fosse sé stesso, esattamente come ognuno di noi voleva essere unico e non una pecora di un gregge.

C’era un passo che raccontava di quando un giovanissimo Cobain, insieme a Buzz Osborne e ad un tale chiamato Steve Shillinger andavano a disegnare graffiti con lo spray, scrivendo frasi come “Abortisci Cristo” e altre cazzate del genere.

Azerrad dice che Cobain a volte scriveva apposta cose senza senso come “amputate gli acrobati” oppure “Boat Akk” solo per confondere la gente.

Questa cosa mi ha sempre fatto molto ridere e l’ho sempre trovata molto significativa, non so spiegare esattamente perché.

Da qualche anno vado in vacanza a Venturina, in provincia di Livorno. Lì vicino c’è una strada che va da Campiglia Marittima fino a vari paesi limitrofi. Se si va in direzione di un paese chiamato CAFAGGIO, proprio quando da Campiglia vedi il cartello con scritto CAFAGGIO, c’è una cabina dell’Enel.

La prima volta che ci sono passato, tre anni fa, ho visto due scritte fatte con lo spray. Dicevano “AMPUTATE ACROBATS” e “BOAT AKK”.

Ricordo di aver riso moltissimo e di aver pensato che magari, in una di quelle case lì vicino, c’era una copia di “Come as you are – The story of Nirvana” nella vasca davanti al cesso, sgualcita.

Non mi ricordo neanche più perché volessi raccontare ‘sta cosa. Ma anche quest’anno andrò a vedere se la scritta c’è ancora.

Musica, giornali,web. Una bella cosa che mi è successa.

Si dice spesso che le riviste che parlano di musica siano, come tutte le riviste in generale, sempre più in crisi. D’altro canto in rete possono scrivere tutti e quindi proliferano le fanzine ma la qualità della scrittura spesso si abbassa drasticamente. Tutte cose che abbiamo già sentito più volte, non so fin quanto vere.

La cosa che mi ha sempre lasciato perplesso delle fanzine sul web è il loro voler essere delle scimmiottature delle riviste tradizionali. Credo che se uno vuole farsi leggere debba cercare di proporre qualcosa che sia un minimo diverso dalla classica rivista e invece siamo pieni di webzine che prendono le agenzie per dare le notizie e fanno i copia e incolla, fanno le recensioni dei dischi che possono stare in una colonna come se fossero riviste, fanno le interviste di rito mandando un file di word con dieci domande e magari ti tagliano pure le risposte perché sono “troppo lunghe”.

Strano perché sul web in teoria lo spazio non manca, anzi.

Però la soglia di attenzione, l’hype, quelle cose lì. Finiscono per fare una rivistina in miniatura, spesso senza adeguata professionalità. E infatti dopo non molto vengono trascurate, principalmente per mancanza di lettori e per conseguente frustrazione degli scrittori, esattamente come accade ad un gruppo che si fa il culo come una capanna e vede che ai propri concerti ci sono venti idioti che bevono lo spritz chiacchierando senza ascoltare una mazza e poi commentando il concerto sui socialcosi come se lo avessero ascoltato. Li chiamano come quelli che andavano a sentire il Be Bop, ma sarebbe ora di cominciarli a chiamare con il loro nome.

Il sottoscritto, al giro promozionale di “Togliamoci il pensiero” aveva pensato, per ovviare a questa monotonia del giro di interviste da dieci domande con le stesse identiche domande sempre, di fare una cosa particolare. L’intento era fintamente provocatorio, in realtà avevo voglia di riuscire a parlare dell’album in maniera compiuta. Per quella volta feci le “interviste alla rovescia”, su idea del Dottor Manicardi. In pratica intervistavo io i giornalisti, così avrei evitato domande del tipo “Quali sono le differenze tra questo disco e i precedenti?” (“Siamo entrati in studio camminando all’indietro” dei Mudhoney, rimane la risposta del secolo a questa domanda) oppure “Cosa credi che manchi alla scena musicale italiana per crescere?” (“Se lo sapessi no spedirei piastrelle, credimi” sarebbe l’unica risposta onesta e invece sono talmente ipocrita che non l’ho mai data).

Beh, non funzionarono, le interviste alla rovescia. Dopo un poco mi resi conto di quanto sia mortalmente noioso fare domande su un disco a perfetti sconosciuti o quasi e dopo poco tempo mollai l’iniziativa. Mi dissi anche che i giornalisti musicali e i fanzinari, che ti fanno interviste a nastro a te e a tutti, sono veramente dei martiri, fanno un lavoro noiosissimo.

Negli ultimi tempi non sono mancate le boccate di aria fresca. Trovo che un blog come BASTONATE, ad esempio, faccia spesso le uniche interviste che vale la pena leggere. Il tono è colloquiale, sono chiacchierate e non hanno paura di chiedere “Ma com’è che suoniamo tutti da vent’anni e abbiamo ancora le pezze al culo?” invece che “Cosa manca alla scena italiana…” e questo genera risposte interessanti e autentiche, spesso. Ragion per cui ogni tanto escono queste interviste che sono lunghissime, ma si leggono così bene che a confronto le mini interviste di 3 domande di Vanity Fair sembrano noiose come un’enciclopedia.

E’ successo di recente che la rivista (fanzine, webzine, chiamatela come cazzo volete) chiamata SENTIREASCOLTARE, che opera sul web da tempo, mi abbia recensito molto bene “Distacco”. In seguito a questo, Stefano Solventi mi ha chiesto, invece di fare la consueta intervista a pappetta, di scrivergli qualcosa sul disco. Mi ha detto che potevo scrivere tutto quello che volevo, senza limitazioni, dovevo raccontargli tutto. Mi ha detto che avrebbe pensato lui poi a sfrondare qui e là e a inserire commenti a quello che raccontavo. A quel punto ho accettato.

A chiunque fa piacere raccontare della propria musica.

Ho scritto qualcosa come sette pagine fitte di word, lui ha tagliato a destra e sinistra e poi ha inserito i suoi commenti. Gli avevo chiesto, prima di pubblicarlo, di mandarmi il file definitivo, giusto perché a volta tagliando qui è là magari finisce che uno, anche senza volere, estrapola frasi dal contesto e chi si ritrova a leggere poi capisce il contrario. Ieri sera mi è arrivato il file, l’ho letto, Solventi ha fatto un buon lavoro.

Dice che ha dovuto un poco discutere per farlo pubblicare, perché anche se lui ha comunque tagliato parecchio è venuta una cosa bella lunga per gli standard ai quali è abituata l’editoria musicale. Dice che gli hanno detto che sai com’è, la soglia di attenzione e l’hype attorno a un disco e blah blah blah.

Beh, io volevo complimentarmi con lui e con il suo direttore per avere avuto le palle di fare una scelta del genere. Credo che se la facessero per tutti gli italiani che recensiscono bene, dando loro la possibilità di raccontarsi compiutamente, a quel punto cresceremmo davvero. Magari non come pubblico, magari non saremo fighi e alla moda, ma saremmo cresciuti, così come da bambini si diventa ragazzi e poi, finalmente, adulti.

A giorni la lettura.

2001 – Odissea nel profumo

Abbiamo un deodorante per ambienti in casa. Di quelli che vanno da soli. Quelli che ci infili la fragranza e ogni tanto fa un rumorino e ZUFF!!! Fa lo spruzzo e deodora l’ambiente.

Nota: io quando sento che un commesso dice “la fragranza” lo guardo sempre fisso negli occhi e poi penso “Dai, cazzo. Ridi, stai resistendo ma adesso ridi!!!”.

Dicevo, abbiamo questo coso della Johnson & Son o qualcosa del genere, che ha comprato mia moglie (Lo comprano SEMPRE le donne una cosa così, per noi uomini “deodorare l’ambiente” in genere significa fare un rutto o toglierci le scarpe) e ci ha messo la fragranza denominata ZEN.

Ogni tanto il coso va da solo. Parte quando gli passi davanti, specialmente nel cuore della notte facendoti venire un infarto, e ZUFF!!!. Poi non è che si ferma, lo fa altre “n” volte e non abbiamo ancora capito quando smette e con che criterio. A volte se accendiamo la luce parte e ALEEEE”’, vai col liscio.

Dopo due minuti c’è un odore molto ZEN che però fa schifo, il tutto causa risate mica da ridere, scusate il calembour.

Di recente gli abbiamo dato un nome. Siamo soliti dare un nome alle cose, in casa nostra. Lo abbiamo chiamato HAL 9000, visto che ormai è completamente autonomo.

Stasera HAL 9000 è partito dopo la visione di un film a sputazzare fuori tutto il suo ZEN, fin quando la mia signora non si è decisa, preda dei miasmi del robo, a togliere la pila.

Attendiamo ulteriori sviluppi.

(Nel frattempo, ascolto consigliato, il Requiem di Ligeti:
https://www.youtube.com/watch?v=wawSCvuGj4o)

La moda dello zero.

Non so quando sia successo e non lo voglio neanche sapere.

Non so chi sia stato il primo e non lo voglio neanche sapere.

La DATA ZERO.

Una volta quando cominciavi un giro di concerti, gli davi un nome e morta lì. Cominciavi e finivi.

A dirla tutta, già qui ne approfittiamo parecchio, chiamando TOUR una cosa che comprende un numero minimo di due date per le quali torniamo a dormire a casa e tra la prima e la seconda passano quattro settimane.

Poi è partita la moda della DATA ZERO.

Cosa vuol dire DATA ZERO? Quando cominci, cominci.

E’ il PRIMO GIORNO DI SCUOLA. Il PRIMO GIORNO DI LAVORO. Il PRIMO (riempite voi lo spazio).

DATA ZERO a me sembra: 1) Che non sei sicuro di quello che vuoi fare e magari se poi viene male ti puoi tirare indietro 2) Un film di fantascienza degli anni ’70 3) Un album perduto dei Kraftwerk o dei Devo 4) Non so se avete fatto caso che anche questo elenco del cavolo comincia da UNO e l’avete trovata una cosa normale.

DATA ZERO? Beh, se si paga un biglietto io vorrei costasse tanto come la data.

(Domani 8 Marzo, festa della donna, suono a Soazza, in Svizzera. E’ la prima volta che suono in Svizzera, da solista. PRIMA. UNO. Oh)