Il casino ai concerti – L’illuminazione (Un chiodo ancora vuoto dentro al muro #2)

Questa sera sono andato alla Salumeria del Rock ad Arceto (RE), il posto dove vado spesso a bere qualcosa insieme a mia moglie. Siamo andati a cena approfittando del fatto che c’era un concerto.

Alla Salumeria del rock suonano spesso i cantautori. Vengono dall’estero, spesso. Max è stato bravo a garantirsi una frequentazione di artisti esteri che passano in Italia per piccoli tour. C’era un tizio chiamato Phillip Bracken che viene dall’Australia. Io non so manco chi sia, però il metodo che usiamo io e mia moglie è partire e andare a sentire uno, anche se non sappiamo chi sia. Se dopo quattro canzoni non ci piace, amen. Tanto siamo vicini a casa, è gratis, beviamo della birra buona, mangiamo bene.

Arriviamo, ci sediamo, un tavolo si riempie, poi un altro, eccetera. Poi arriva Bracken. In sala c’è un bel chiasso, un tavolo di fianco al nostro sta parlando di cavalli da mezz’ora molto rumorosamente.  Non sono gli unici a far casino.

Inizia il concerto e si ripete una scena che chi frequenta concerti di cantautori nei posti piccoli conosce bene. Le chiacchiere aumentano di volume non appena il tizio comincia a suonare, se aumenta di volume lui anche le chiacchiere aumentano di volume, in breve non si riesce davvero a sentire cosa stia cantando e suonando il tizio.

Io suono in giro, capita anche a me di iniziare un concerto così. A quel punto metto in pratica i trucchi del mestiere (dei quali ho promesso e un giorno vi parlerò) e in genere qualche cosina in termini di attenzione riesco a guadagnare. Bracken, stasera, non ci riesce.  Non gli hanno dato nemmeno una possibilità, all’australiano. Non è che hanno ascoltato i primi tre pezzi e hanno deciso “Fai cagare” e quindi lo hanno sommerso di chiacchiere tirandogli le bottiglie come nel film dei Blues Brothers. Quello sarebbe stato uno spettacolo che ancora ritengo dignitoso.

Semplicemente, stavano chiacchierando e, non appena lui ha cominciato, hanno chiacchierato più forte, come se nel locale qualcuno avesse alzato l’impianto stereo. La scena la conoscete bene, immagino.

L’ho detto mille volte. Quando mi capita che sto suonando io, non mi incazzo mai. Penso sia colpa mia. Penso di dovermeli tirare uno ad uno dalla mia parte. Penso sia un dovere sociale di ogni musicista.

Però quando sono un ascoltatore, allora mi incazzo. Perché penso che non posso fare niente, non ho un microfono e una chitarra con le quali combattere, sono semplicemente uno tra tanti e vengo infastidito. Sono lì e non riesco a sentire. Cosa sono venuto a fare allora?

Mia moglie, che è molto più coraggiosa di me, dopo un poco va a dire qualcosa ad un tavolo, poi va da un altro, poi va da “quelli dei cavalli”. Il tizio che fa più casino risponde che tra un poco si spostano, dicendo continuamente dei “Sì, sì” con quel modo che io personalmente capisco “Sì, sì, va bene, taci, stronza”. Io sto bollendo, mi alzo e decido che vado nella stanza accanto del locale, dove non sentirò il concerto ma nemmeno il casino. Non voglio mica fare a pugni, ci mancherebbe. Mentre sono di là, visto che sto bollendo, mi sfogo con Max, il barista. Parlo rumorosamente,  perdo pure un poco la brocca, mi sfogo. Lui mi dice che ha notato un peggioramento del pubblico negli ultimi due anni e non sa come fare. A Max la musica piace. Molto. Mentre mi sfogo dico alcune cose poco gentili sul pubblico di là, accennando non troppo velatamente in particolare ai “tizi dei cavalli” che hanno veramente scassato il cazzo (ma non erano gli unici, ripeto).

Mentre sono lì che semino improperi, ad un certo punto sento da dietro che due tizi dicono “Ora siamo qui a parlare di cavalli” e altre cose che non ricordo. A quel punto mi giro verso di loro e li mando abbastanza a cagare. Loro mi rispondono che ora sono io che sto parlando rumorosamente e quindi “ci impedisci di parlare di cavalli”. Rispondo loro che “Adesso parlo forte io nelle tue orecchie per una mezz’ora così capisci quanto hai scassato il cazzo”.

Poi l’illuminazione. Lo scatto, la cosa che mi apre gli occhi. Quasi mi reca fastidio che me l’abbia fatta notare uno dei cowboy.

Mi dice “Oh, io sono poi in un posto pubblico”, intendendo evidentemente che questo gli garantisce il diritto di urlare quanto cazzo vuole.

Eccola, la stortura logica. Quella che fa sì che noi italiani abbiamo 4 bidet ma appena fuori casa ci sentiamo liberi di scaricare un mare di merda sul marciapiede che tanto è PUBBLICO, mentre in (mettete un paese europeo che volete) non si laveranno il culo, ma guai a buttare una carta sul marciapiede perché è PUBBLICO, non si può.

Oh, insomma. PUBBLICO non vuol dire FACCIO COME CAZZO VOGLIO. Vuol dire L’OPPOSTO.

Pensateci bene. Volete un esempio concreto? Io ho un cane. Nel mio giardino il cane CAGA QUANTO CAZZO VUOLE, tanto è il mio giardino e a me non dà fastidio camminare come un danzatore sulle punte in mezzo ai suoi escrementi. Sono cazzi miei.

Invece, quando andiamo a fare la passeggiata al parco, mi porto dietro i sacchetti. Il cane caga e io LA TIRO SU. Non è che dico “Sono poi in un posto pubblico” e quindi faccio come mi pare.  Faccio come si deve fare perché tutti possano stare lì, anche quelli che non amano i cani e comunque anche quelli che non amano la merda. Che infatti, se non tiri su la merda, si incazzano (e fanno benissimo). Se uno non la tira su, anzi, quelli che di solito lo fanno si arrabbiano molto, perché basta uno stronzo (metaforico) che non tira su uno stronzo (letterale) e ci rimette tutta la categoria, almeno in termini di reputazione.

Quindi, quando qualcuno fa un casino della madonna durante un concerto in un posto piccolo, non abbiate paura di dirgli di smettere. Sarete voi a dovergli ricordare che “SIAMO IN UN POSTO PUBBLICO” e quindi dobbiamo garantire a tutti il diritto di usufruirne. Se il posto quella sera prevede che si suoni, bisogna garantire che chi vuole ascoltare riesca a farlo.

Perché come mi ha appena detto mia moglie, quando siamo arrivati a casa:

“Sai cosa mi fa incazzare? Che i primi quattro stronzi mi facciano passare la voglia di andare a vedere un concerto. Che abbiamo un posto vicino a casa nostra che è gratis, si sta bene, ci viene della gente da tutto il mondo che suona pure bene e io sono qui che sto pensando che la prossima volta che c’è un concerto, a me magari non verrà voglia di andarci, ma penserò che ho più voglia di stare in casa a vedere un film”

(Nel video de “IL CHIODO”, che ho pubblicato lunedì e che parla proprio del casino del suonare in giro quando nessuno ti caga, all’inizio del video io fingo di fare il macellaio. Faccio tre etti di macinato. Di cavallo. Pensa te)